sabato 23 maggio 2015

Perché dobbiamo studiare la Storia dell'Arte?

Perché studiare la Storia dell'Arte? A cosa serve? 
Sono alcune domande che gli studenti, ma non solo loro, spesso ci pongono quando iniziamo a parlare di opere d'Arte.

Alain de Botton ci racconta in un video, attraverso cinque punti, perché è importante l'Arte e perché ci aiuta a vivere meglio. Il video, apparso su Internazionale.it è visibile qui





In un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui le immagini costituiscono un fattore principale nell'ambito della comunicazione, insegnare a leggere correttamente una fotografia piuttosto che un dipinto o un'opera video diventa fondamentale per comprendere correttamente il messaggio che questi vogliono dare. Non solo. Le immagini costituiscono l'Arte visiva. Conoscere questa ci aiuta a comprendere significati, emozioni, stili e civiltà; l'Arte ci aiuta a vivere meglio perché è 

"un emblema di speranza. La Bellezza è speranza imbottigliata e conservata, pronta per essere consumata quando ne abbiamo bisogno
sottolinea de Botton.

Educare i bambini e i ragazzi a questa visione può aiutarli a tirare fuori la loro potenzialità creativa, con l'augurio che questa possa un giorno contribuire a rendere la vita (loro e nostra) più interessante.

Nella nostra società i grandi musei internazionali sono sempre affollatissimi, si pensi alle lunghe code davanti agli Uffizi di Firenze, al Moma di New York, al Prado di Madrid ad esempio, ma come mai quando si parla di Arte molte persone continuano e restare perplesse davanti ad alcune opere?  

Spesso prestiamo così poco tempo ad osservare le cose con reale attenzione che questa solitudine vissuta tra noi e l'oggetto osservato ci desta imbarazzo, paura di confrontarci con noi stessi, timore di vedere le nostre convinzioni messe in discussione, ribaltate se non azzerate.  Scrive la Winterson nel suo l'Arte dissente: 
"Quanto è stata l'ultima volta che abbiamo guardato qualcosa , in solitudine e con grande concentrazione, per il puro gusto di guardare? La vita di tutti i giorni passa quasi senza lasciare traccia. Se andiamo al cinema o a teatro, le immagini che scorrono davanti a noi cambiano in continuazione, e inoltre c'è sempre la distrazione del linguaggio. Le persone che amiamo ci sono così familiari che non abbiamo nemmeno il bisogno di guardarle, e una delle battute più giocose sulla vita matrimoniale è che, in realtà, i coniugi non si guardano mai. Comunque qui davanti a noi c'è un quadro e noi abbiamo concordato di osservarlo per un'ora. Scopriamo che non siamo molto bravi nell'osservare".
Ecco cosa ci spaventa. Prendere coscienza che non siamo abituati a fare questo: osservare.


Ennio Morlotti, L'Adda, 1956
Continua a scrivere la Winterson:
"Che cosa rappresenta? Un paesaggio? E' un quadro figurativo? O fatto più incoraggiante, è un nudo? Se il quadro sembra offrirci una scorciatoia, allora è il momento di approfittarne, Posso inventarmi storie sui personaggi raffigurati sulla tela, nello stesso modo in cui gli storici dell'arte si divertono a identificare le figure ritratte da Rembrandt nella sua Ronda di Notte. Ora comincio a sentirmi più sicura perché mi sono lasciata assorbire dal quadro. Un quadro è il suo soggetto, vero? Oh, cielo, il mio è un quadro astratto.
(...) Ammirami è il significato sotteso al nostro osservare: la richiesta fatta all'arte perché rifletta la realtà di chi guarda. Ma la pittura, nella sua ostinata indipendenza, non ha la facoltà di riflettere alcunché , se non per puro caso. (...) 
Quando cade la spessa cortina di barriere protettive - la protezione del pregiudizio, dell'autorità, della banalità - anche i quadri che ci sono più familiari possono cominciare a esercitare il loro potere su noi. Sono molto poche le persone che riescono a restare sole per un'ora davanti alla Gioconda."


Leonardo da Vinci, Gioconda


Ed è ancora Alain de Botton, con il suo video Perché l'arte ci aiuta a vivere meglio, che prova a suggerirci come l'Arte debba essere vista. Nel suo video racconta come 
"per troppo tempo l'Arte ha suscitato una eccessiva reverenza. In sua presenza ci comportiamo come quando incontriamo una persona famosa, ci irrigidiamo e perdiamo la nostra spontaneità. In realtà dovremmo rilassarci come già facciamo con la musica e imparare a usarla nel modo corretto, come una fonte costante di sostegno e incoraggiamento per migliorare noi stessi."
Ecco a cosa serve realmente l'Arte. Impariamo ad amarla, lasciamoci sedurre togliendole pian piano, in un gioco di svelamenti, tutti qui veli che poniamo davanti a noi per paura di osservare in profondità le cose che possono stupirci. L'Arte ci richiede tempo, è vero, il tempo di osservazione. Ascoltiamola e dedichiamo la giusta attenzione anche se ci sembra difficile. 
Non diciamo non ci riesco, non ho tempo. 
"La cosa non è così irreparabile come sembra (...) - ci suggerisce la Winterson - dopo aver superato lo choc di aver scoperto che non so come si guardano i quadri, tanto meno come si apprezzano". 
Il segreto sta proprio qui, nel lasciarsi trasportare  e sedurre.
Per dirla ancora con le parole della scrittrice inglese:
"L'Arte è eccesso. La fornace infuocata, il lago ghiacciato. Evoca sentimenti estremi; coloro che la sconfessano e coloro che la creano lo fanno con violenza. 
Coloro che si innamorano - d quel quadro, di quel libro - lo fanno con passione. Una volta incontrata, l'arte ti chiederà una reazione."
Michelangelo, Atlante, 1525-1530



August Rodin, Il bacio, 1904

Egon Schiele, L'abbraccio, 1917



 Marina Abramovic


Fonti:
de Botton Alain, L'arte come terapia. The school of life
de Botton Alain, Perchè l'arte ci aiuta a vivere meglio
Winterson Jeanette, L'Arte dissente, Mondadori

© Alessandro Fabbris



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